Intervista a Stefania Garassini, docente di Content Management
Abbiamo rivolto alcune domande a Stefania Garassini, docente di Content Management e Digital Journalism all’Università Cattolica, autrice di “Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)”, presidente di Aiart Milano, associazione nazionale che opera nella formazione a un uso consapevole dei media. Domani, 21 novembre, entrano in vigore le linee guida dell’Agcom per rendere efficaci i Sistemi di Controllo Parentale (SCP), strumenti necessari per limitare i pericoli nell’utilizzo del web e dei social media da parte dei minori.
Professoressa Garassini, l’Agcom interviene per rendere efficace uno strumento, quale il parental control, che potrebbe rendere l’utilizzo del web e dei social media meno denso di pericoli per i minori. Cosa ne pensa? Possono essere utili allo scopo?
Io credo che si tratti di un tentativo da guardare con estremo interesse, perché dà un segnale importante: il fatto che la crescita sana dei minori sia un valore per cui vale la pena impegnarsi seriamente. Che sia lo Stato a dare tale segnale mi sembra significativo. Il provvedimento prevede che tutte le sim intestate a minori di 18 anni siano automaticamente filtrate. E’ obiettivamente un aiuto per le famiglie, che però dovranno assumere a loro volta un ruolo attivo nell’accompagnamento dei figli all’uso del digitale.
Gli SPC (Sistemi di Controllo Parentale) devono essere inclusi e attivati dagli Operatori nelle offerte dedicate ai minori. Nelle altre devono essere resi disponibili e possono essere attivati dall’utente. Si pongono perciò 2 problemi: il controllo sugli operatori affinché rendano effettivo il dettato della norma e la conoscenza da parte dei genitori dell’opportunità a loro disposizione. Che garanzie ci sono, a suo avviso, acché questo avvenga effettivamente? Cosa possono fare le associazioni che si occupano del problema a questo proposito? L’associazione da lei presieduta ha qualche idea al riguardo?
Saranno cruciali questi ultimi giorni e quelli immediatamente successivi all’entrata in vigore del provvedimento. Credo che saranno necessarie molte informazioni pratiche: il contenuto del provvedimento va spiegato, non è di immediata comprensione. E la mancata informazione potrebbe tradursi nella scarsa adozione dei sistemi di filtro. Ricordiamo ad esempio che nel caso in cui la sim del minore sia intestata al genitore, toccherà a quest’ultimo chiedere l’attivazione del filtro. Si tratta di un’informazione fondamentale da diffondere. Come lo è la possibilità di richiedere il filtro anche sul router wifi di casa.
Il ruolo dei genitori sarà cruciale in quanto, per blocchi e filtri non attivati by default, fondamentalmente sono loro a dovere e potere attivare, disattivare, configurare gli SCP. Come sensibilizzarli al riguardo? Sappiamo che ce ne sono tanti che non si rendono conto che lasciare i propri figli solitari davanti a uno schermo è come fare mangiare l’aragosta a un lattante, come scrive lei nel suo libro “Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)”.
Si i genitori, con le adeguate informazioni in mano, dovranno attivarsi per verificare il funzionamento del filtro o richiederlo. Al di là degli aspetti tecnici questa può essere un’occasione importante per avviare o riprendere un dialogo con i propri figli sui rischi e le opportunità della vita online.
In attesa delle categorie di contenuti, e quindi di siti da bloccare e/filtrare, che l’Agcom si è riservata eventualmente di individuare, i soggetti che hanno partecipato alla consultazione che ha preceduto l’emanazione delle linee guida ne hanno estrapolate otto: Contenuti per adulti; Gioco d’azzardo/scommesse; Armi; Violenza; Odio e discriminazione; Promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche; Anonymizer (Siti che forniscono strumenti per rendere l’attività online irrintracciabile); Sette (Siti che promuovono/offrono assistenza per influire su eventi reali attraverso l’uso di incantesimi, maledizioni, poteri magici o esseri soprannaturali). A suo avviso, esse coprono l’intero arco dei rischi, o se ne dovrebbero aggiungere altre? E quali, tra esse, considera maggiormente degne di attenzione, sulla base della sua esperienza?
Mi pare un elenco piuttosto completo: una categoria che forse non viene valutata con la dovuta attenzione e che invece è correttamente inserita tra quelle filtrate è quella legata all’azzardo e alle scommesse, un fenomeno molto diffuso anche tra i giovanissimi.
Tra le scelte tecniche per il funzionamento del parental control individuate, c’è il Resolver DNS (Domain Name System). I resolver DNS devono essere forniti dall’Internet Service Provider e servono per impedire l’accesso al dominio da bloccare. Se un minore prova ad accedere a un sito “non frequentabile”, i Resolver DNS lo dirottano verso una pagina web, fornita dall’operatore, in cui gli viene spiegato che non può accedere a quel contenuto in quanto inappropriato o riservato ai maggiorenni. Gli SCP possono, in aggiunta, anche essere configurati per fasce orarie e anche per memorizzare i siti visitati. È un sistema efficace, in generale? E, in particolare, non sarebbe meglio inserire l’obbligo delle fasce orarie? Glielo chiedo facendo riferimento a quanto da lei sostenuto sulla significativa differenza tra vivere una situazione di stress in piena notte, magari col minore da solo nella sua stanzetta, e doverla affrontare di giorno, alla luce del sole.
Dal punto di vista tecnico, credo che si capirà con l’uso che cosa eventualmente si potrà migliorare. Certamente la questione dell’utilizzo notturno è cruciale. Anche qui torna in primo piano il ruolo dei genitori, cui spetta il compito di dare regole sui tempi e i contesti d’uso. Forse sarebbe utile una formazione specifica sull’uso di sistemi di parental control già esistenti, più flessibili e adattabili alle esigenze di ogni famiglia.
Si è definito il sistema CSP un “parental control di Stato”, credo per evidenziare un intervento pubblico troppo invasivo. Lei lo giudica allo stesso modo, o era giunta l’ora di un intervento deciso, con norme stringenti, per tutelare la salute psico – fisica dei minori (come, d’altro canto, è stato fatto in altri Paesi)?
Credo che sia un buon punto di partenza che si propone di fronteggiare una situazione che potremmo definire di emergenza, dove l’accesso dei minori a contenuti inadatti a loro è ormai dilagante. Non mi pare troppo invasivo: i divieti ai minori sono sempre esistiti, si tratta di trovare il modo di renderli efficaci anche nel digitale
È di ieri la notizia, filtrata da una causa in corso in un tribunale del Massachussets, che Mark Zuckerberg in persona avrebbe bloccato persino i massimi dirigenti di Meta (e quindi di Facebook e Instagram) quando gli avevano chiesto di fare di più per proteggere gli oltre 30 milioni di adolescenti che utilizzano Instagram negli Stati Uniti. In sostanza, il dominus di Meta avrebbe posto il veto a una proposta del 2019 per disabilitare i “filtri di bellezza” di Instagram che, ad avviso di tantissimi esperti e non solo, danneggiano la salute mentale degli adolescenti promuovendo aspettative irrealistiche sulla propria immagine corporea. Che ne pensa del cinismo dei proprietari delle big tech, la maggior parte dei quali impedisce ai propri figli di usare internet e i social media?
Il problema è il modello di business dei social media, basato sulla cosiddetta “Economia dell’attenzione”, in cui la nostra attenzione (da dirigere verso pubblicità e/o servizi a pagamento) è la risorsa più scarsa e preziosa. Per tenerla agganciata ai servizi, nel tempo si sono sviluppate tecniche molto efficaci che hanno reso estremamente redditizie le aziende social. E’ difficile ora cambiare modello. E qualunque intervento che renda in qualche modo responsabili le piattaforme dei contenuti che veicolano, implica il cambiamento di tale modello, perché richiede un controllo dei contenuti, e un ruolo “editoriale” da parte delle piattaforme, con costi rilevanti. L’evoluzione sarà con tutta probabilità verso servizi a pagamento dove ci sia un maggior controllo sui contenuti.
Nino Mallamaci